Qual è il compito degli ISS (Sistemi Integrati di Sicurezza) e più ancora degli PSIM (Physical Security Information Management)? Di cosa hanno bisogno per raggiungere la totale interoperabilità? Quali sono le loro criticità? Come devono essere programmati per risolverle?
Prima di tutto devono essere in grado di raccogliere tutti i possibili eventi generati dai diversi sottosistemi collegati e, in tempo reale, analizzarli e correlarli per riconoscere delle situazioni di normalità, di rischio, di allerta o di allarme conclamato.
Più eventi sono a disposizione, meglio è. La capacità di adattarsi a sistemi diversi per tipologia e produttore, la capacità di ricevere velocemente grosse quantità di dati, la velocità con cui vengono elaborati, la flessibilità e la facilità di definizione delle situazioni di riscontro, diverse in ogni impianto, assumono quindi un’importanza capitale all’interno dell’impianto. È poi fondamentale disporre di un cruscotto di monitoraggio e controllo semplice e chiaro, attraverso il quale l’utente possa interagire con il sistema nella modo più facile possibile. A sua volta, il sistema deve essere rapido a reagire automaticamente o manualmente ai comandi, alle query e alle procedure operative standard di gestione delle situazioni critiche.
Inoltre, gli PSIM sono destinati per loro natura a un’utenza più vasta e variegata di quella dei Sistemi Integrati di Sicurezza tradizionali. Tutti i dipartimenti di un’azienda possono essere interessati alla grande quantità di informazioni raccolte da uno PSIM e in esso disponibili. Questo impone la necessità di predisporre interfacce utente ergonomiche, semplici e con esperienze d’uso personalizzate e personalizzabili per ciascuna tipologia di utente o per singoli specifici utenti.
Infine, il senso di insicurezza generale causato dall’imprevedibilità di atti criminosi ha fatto sì che l’esigenza di potenziamento dei sistemi di sicurezza attraverso l’integrazione stia crescendo anche nella fascia più bassa del mercato, dove l’attenzione ai costi di avviamento e di esercizio è particolarmente alta.
Servono quindi sistemi realizzati con strumenti e tecnologie che garantiscano il pieno rispetto di queste richieste e che permettano:
- alto livello delle performance;
- grande scalabilità, flessibilità, adattabilità;
- ottimizzazione dell’utilizzo delle risorse ICT.
In una parola: interoperabilità.
Cosa offre oggi la tecnologia?
Quotidianamente, tutti noi utilizziamo applicazioni come Amazon o Facebook che trattano milioni di dati al secondo, generati dalla più variegata tipologia di utenza mai esistita al mondo. Perché possano funzionare non è possibile utilizzare risorse hardware infinite. Per questo scopo sono state concepite tecniche di programmazione, supportate da strumentazione software progettata appositamente per sfruttare al meglio le risorse ICT a disposizione.
Perché non utilizzare queste stesse tecniche e strumenti anche per i sistemi di sicurezza? Gli strumenti di sviluppo usati tradizionalmente dai sistemi di sicurezza fisica attiva non sono più sufficienti. Per raggiungere l’interoperabilità dell’intero sistema possono essere realizzate estensioni o moduli che facciano fare agli applicativi esistenti nuove operazioni anche complesse, pur lasciando che i sistemi rimangano “vecchi” nel loro nucleo centrale.
Openware, la nostra piattaforma FIP (Full Interoperability Platform), utilizza esclusivamente strumenti tecnologici di nuova generazione che possono sembrare sovradimensionati per la gestione di un “semplice” sistema di sicurezza. Strumenti nati per gestire big data, I/O asincrono, oltre a tutti i sensori, le applicazioni, i dispositivi e gli end points IoT. Sono numerosi i vantaggi diretti e indiretti che queste tecnologie portano agli utilizzatori di Openware. Oltre a quelli ottenuti con il miglioramento della efficacia e dell’efficienza del sistema, costituiscono un vantaggio tangibile anche la stabilità delle soluzioni, all’interno di un continuo processo di miglioramento che ne prolunga il ciclo di vita.